Io sono stato in Kosovo – Prima parte

What’s app. Coversazione iniziata alle ore 14.44 del 5 novembre 2013. Mittente: Gioele. Ricevente: Marco.

Gioele: Marco, vedi un po’ questa notizia. È una rassegna stampa quotidiana. Leggi le righe sul Kosovo.

SC20131105-144331

Marco: Maledizione! Ma il nostro compagno di università, Henri K, non andava proprio in Kosovo a scrivere un reportage?

Gioele: Sì, per The East Journal. Speriamo non gli sia successo nulla. Ma perché ci andava?

Marco: Sai, lui è nato e cresciuto in Albania. Ora è in Italia da molti anni, ma resta legato ai Balcani.

Gioele: Per me il Kosovo è solo un nome. Un nome che parla di violenza, bombe, guerra. Una guerra che eravamo troppo piccoli per comprendere.

Marco: Anche per me non è molto di più. Spero proprio di parlare con Henri K quando torna. Perché stiamo certi che torna!

QUATTRO GIORNI PIU’ TARDI

Il Kosovo ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008.

Marco: Gioele, ho parlato con Henri K!

Gioele: Allora è vivo!

Marco: C’era anche il suo amico, Robi World. Sono partiti insieme. Abbiamo parlato del Kosovo, delle elezioni, della guerra e della vita…e le cose sono andate un po’ diversamente da come diceva quel lancio d’agenzia. Senti qua, ora ti riporto il nostro dialogo.

/   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /

Marco: Henri K! Sei tornato! Che piacere vederti. Ero in pensiero per te.

Henri K: Ciao Marco! Perché dici così?

Marco: Ma come, non eri in Kosovo durante le elezioni? Le violenze, bisognerà tornare ai seggi…

Henri K: Anche tu hai letto qualche titolo di news? Aspetta, ti devo raccontare con calma.

Marco: Va bene, aiutami a capire. Chi sarà il nuovo Presidente del Kosovo? Sarà un filo-albanese o un filo-serbo?

Henri K: Calma, calma! Nessun nuovo presidente. Il primo ministro del Kosovo è e resta Hashim Thaçi, un petroliere esponente del Partito Democratico del Kosovo. È stato eletto a fine 2007 e a febbraio 2008 ha proclamato come da programma l’indipendenza per il suo Paese.

Marco: Perfetto, grazie. Andiamo con ordine. Quando sei partito?

Henri K: Il primo novembre. Di mattina.

Marco: Praticamente hai fatto i Morti di qua e i Santi di là.

Henri K: Esatto. Forse non è una data di buon auspicio, considerando che andavamo in un paese dove fino a 14 anni fa c’era la guerra.

Marco: Infatti, prima mentre parlavi mi sorgeva un dubbio. La guerra in Kosovo non è finita nel 1999? Perché tanto tempo prima delle elezioni?

Henri K: Perché in mezzo c’è stata l’amministrazione con sovrintendenza ONU.

Marco: E come mai ci fu quella guerra?

L’area del Kosovo si estende per 10.887 km² ovvero meno della metà della Regione Toscana

Henri K: Perché il Kosovo, regione grossa quanto l’Umbria, a maggioranza albanese, voleva l’indipendenza da quella che allora era la Iugoslavia di Milosevic. Ma in Kosovo convivono ben sei etnie. Le spiega bene questo articolo di una ragazza di Cremona, che ha passato un anno di servizio civile laggiù: http://www.cremona.ipsia-acli.it/?p=458. Per questo, la faccio rozza, si è deciso di rendere il Kosovo una provincia autonoma.

Marco: E poi ci sono state le prime elezioni.

Henri K: Infatti. Una volta eletto, e in coalizione con l’altro partito di maggioranza che è la Lega Democratica del Kosovo, Thaçi ha proclamato l’indipendenza, subito riconosciuta da USA, Unione Europea e anche dall’Albania. Invece la Serbia, fiancheggiata da potenze come Cina e Russia, ma pure da stati europei come Spagna, Romania o Grecia, si è mostrata immediatamente contraria.

Marco: Il Kosovo confina a nord con la Serbia, giusto?

Henri K: Precisamente. E infatti è nel nord del Paese che resistono i gruppi serbi più ostili, che non riconoscono il Kosovo indipendente. Loro hanno boicottato la vita civile kosovara da sempre, creando addirittura delle istituzioni parallele a ombra di quelle nazionali. E qui arriviamo alle elezioni della scorsa settimana, e a ciò che le rende le più importanti nella breve storia del Kosovo.

Marco: Ecco, chiariscimi le idee.

Henri K: Intanto, stiamo parlando di elezioni amministrative. Dunque, in 34 comuni si è votato per eleggere i nuovi consigli comunali. La legge prevede un doppio turno in caso di mancata maggioranza alla prima consultazione, precisamente come per i sindaci italiani. Ecco perché si tornerà comunque a votare, nel primo week-end di dicembre: solo in 10 comuni è stata raggiunta la maggioranza assoluta mentre in tutti gli altri ci sarà bisogno di ballottaggio.

Marco: Perfetto. Quindi il ritorno al voto non è qualcosa di eccezionale a causa delle violenze.

Henri K: Niente affatto, anzi poi faremo chiarezza anche su questa storia. Ma lasciami dire ancora una cosa sull’importanza di questo voto. Ad aprile, i governi del Kosovo e della Serbia hanno siglato un accordo che prevede la creazione di nuove comunità autonome serbe in Kosovo per accelerare l’integrazione tra i due paesi. Infatti le istituzioni kosovare ancora non erano riconosciute dalla Serbia, che dava legittimità alle istituzioni ombra costituite appunto dai gruppi di etnia serba. Le “comunità autonome” sarebbero invece riconosciute anche dalla Serbia stessa, dunque queste elezioni erano un po’ il banco di prova per capire se i serbi del nord del Kosovo avrebbero accettato di partecipare alla vita politica dello Stato che ora, volenti o nolenti, abitano; oppure se ancora si sarebbero disinteressati.

Marco: E come è andata?

Henri K: È presto per dirlo. Il Kosovo ufficialmente conta un milione e ottocentomila abitanti. Ora si parla di affluenza al 40%, ma il Kosovo è una nazione con forte tasso di emigrati. Quel 40% comprende i cittadini all’estero? Non si sa, per cui magari l’affluenza reale potrebbe essere maggiore di quella percentuale. Comunque i due partiti principali, Partito Democratico e Lega Democratica, restano i più forti. Non farti ingannare dalle diciture: il PDK non è sovrapponibile al nostro PD, come la Lega Democratica che si propone come partito centrista non è esattamente il nostro classico partito di centro. D’altronde gli schieramenti dei partiti sono chiari dopo un po’ di anni di storia, e il Kosovo esiste da soli 5 anni. Pensa, come l’Italia del 1866: si sarebbe potuto parlare di schieramenti politici ben definiti? Addirittura, tra tutti i comuni, a queste elezioni erano presenti 103 partiti. 103!

Marco: Henri K, tu sei albanese. Si parla di unificazione col Kosovo, nel tuo paese?

Henri K: Be’, in Albania sono stati istruiti da cento anni che il Kosovo appartiene all’Albania. C’è un partito che si chiama Movimento per l’Autodeterminazione del Kosovo e ha tra i suoi punti fondamentali proprio l’unificazione con l’Albania, ed è anche un partito molto seguito. Ma non è che ci sia poi tutto questo interesse a unificarsi. Nel momento in cui il Kosovo è diventato indipendente, per noi albanesi va bene che sia indipendente. Io poi, che la vedo da fuori, penso che l’unificazione potrebbe creare dei problemi.

Marco: In che senso?

Henri K: L’Albania ha problemi economici gravi, il Kosovo pure. Se li unisci non è che i problemi si annullano perché siamo più grandi; anzi, si sommano. Ora come ora non è questa la via.

Marco: Guarda chi si vede. Robi World! Il tuo compagno di viaggio. E ha in mano una copia di Internazionale.

Robi World: Ehi! Non siete andati a lezione?

Henri K: Sì, ma ora stiamo parlando del nostro viaggio in Kosovo.

Robi World: Guarda qui, Henri K. “Tensione al voto”. E l’articolo dice che le elezioni “sono state segnate da gravi violenze nelle aree a maggioranza serba nel nord del Paese”. Ah ecco, leggi qua: “Persone sono entrate col volto coperto, lanciando granate e distruggendo le urne”.

Henri K: Questo è un dato falsato. Non hanno lanciato nessuna granata! Si vede che è un pezzo fatto in redazione. Gli scriveremo, che eravamo lì per East Journal e ci sono degli errori nel loro reportage…

Marco: Ma allora queste violenze ci sono state, sì o no?

La parte nord e quella sud di Mitrovica sono divise dal fiume Ibar.

Henri K: Sì, in tre seggi di Mitrovica Nord. Una delle città del nord del paese, quelle con forti gruppi serbi. È vero che persone incappucciate sono entrate nei seggi, sfasciando le urne e invalidando così il voto. È un fatto grave, e per questo il risultato di Mitrovica è temporaneamente sospeso in attesa che il voto in quei tre seggi presi di mira venga ripetuto…

Robi World: Ma mica hanno lanciato granate…con le granate ammazzi la gente! Con questi articoli non fai che creare un clima di tensione perenne. Mentre noi, che eravamo lì, non abbiamo respirato questa elettricità.

Marco: Siete stati a Mitrovica Nord?

Henri K: Sì, il giorno dopo il voto. La domenica eravamo a Pristina, la capitale del Kosovo. E poi siamo andati a nord.

Marco: E non avevi paura Henri K, tu che sei albanese?

Henri K: Be’, era meglio non svelare la mia nazione d’origine. Infatti col ragazzo che ci guidava, anche lui albanese, parlavamo inglese. Unico momento di tensione: mentre Robi scattava una foto, un tipo gli ha urlato qualcosa. Però in genere ci guardavano divertiti, noi con la nostra aria spaesata e la macchina fotografica a tracolla. Niente di male.

Marco: Parlatemi di Mitrovica Nord. Com’è entrarci?

Robi World: È…un’esperienza.

Henri K: Sì, un’esperienza.  Hanno un’altra bandiera, un’altra moneta. Hanno targhe serbe, bandiere serbe ovunque. La città non è divisa da un muro solo perché c’è una divisione naturale, il fiume Ibar. Su uno dei ponti che dividono le sponde, abbiamo parlato un po’ coi carabinieri italiani. Ci dicevano che durante il giorno era stato tutto tranquillo…

Marco: Come, come? Carabinieri italiani? Che c’entrano?

Henri K: Sono le forze dell’ONU. In realtà io credo che sappiano poco di quello che è successo negli anni passati. Be’, comunque loro erano tranquilli: “Non ci è arrivata nessuna segnalazione”…cioè capisci, e questi scrivono “lancio di granate”…

Marco : Bene, ho capito. Del voto abbiamo detto abbastanza. In Kosovo come si vive, mi riferisco a livello di vita sociale?

/   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /   /

Gioele: Amico, ti devo fermare. Devo andare ora. Ma wow, quante cose ho imparato del Kosovo. Insomma è ancora un paese spaccato, ma pian piano si fanno dei passi avanti verso la convivenza pacifica. Speriamo che i ballottaggi di dicembre siano pacifici; e che i teppisti di Mitrovica nord lascino in pace le urne quando si deciderà di rivotare. Henri K e Robi World mi sembravano ottimisti su questo.

Marco: Esatto.

Gioele: La prossima volta mi racconti il resto. Non vedo l’ora di sentire qualche scena di vita kosovara dalle voci dei nostri amici.

Marco: Contaci, proprio da qui ripartiremo nel prossimo dialogo.

Gioele: Grazie. A sabato, allora!

Marco: Certo! Ciao!

Leggi il reportage pubblicato su EastJournal di Henri K e Robi World

E su twitter il dialogo porta dialogo. Protagonista la traduzione errata di “Internazionale”

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a Io sono stato in Kosovo – Prima parte

  1. Pingback: Io sono stato in Kosovo – Seconda parte | col Dialogo in corpo

Lascia un commento